In questa sezione avrete accesso a contenuti di approfondimento e non solo, per aiutarvi a comprendere le dimensioni della crisi climatica, ma soprattutto per individuare gli strumenti per affrontarla. Normative, standard, opinioni e tanto altro, per guidare ogni azienda nel proprio percorso di decarbonizzazione.
COP28: l’inizio della fine delle fonti fossili?
COP28: l’inizio della fine delle fonti fossili?

COP28: l’inizio della fine delle fonti fossili?

Dopo otto anni e sei conferenze delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici dall’Accordo di Parigi, gli obiettivi principali  di questa COP28 a Dubai erano chiari: portare ad un confronto i leader mondiali circa i risultati ottenuti sulla riduzione delle emissioni di gas serra, rendere operativo il fondo Loss&Damage per coprire le perdite e i danni causati nei paesi più poveri dal cambiamento climatico e soprattutto trovare un accordo per il phase-out dei combustibili fossili in modo da mantenere l’aumento della temperatura media globale al di sotto di 1,5°C.

La COP28 è quindi iniziata con un senso di urgenza e si è conclusa, come spesso accade nei negoziati multilaterali, con ancora  molti dubbi, ma nonostante questo possiamo dire di essere di fronte ad un risultato storico.


Sei Takeaways:

  1. Combustibili fossili? Sì, no o forse? La fase di phase-out (progressiva eliminazione) di petrolio, carbonio e gas è la vera battaglia combattuta in questa COP. Il testo finale, più volte ritrattato perché eccessivamente blando, parla di “Allontanarsi gradualmente dall’uso dei combustibili fossili per la produzione di energia, in modo giusto, ordinato ed equo, accelerando l’azione in questo decennio critico, in  modo da raggiungere lo zero netto entro il 2050, in linea con la scienza.”.
  2. Il nuovo accordo fissa anche una data, il 2030,  per accelerare la riduzione delle emissioni diverse dal biossido di carbonio a livello globale e in particolare quelle di metano.
  3. Accordo sul Loss&Damage: il fondo per aiutare i Paesi più poveri e vulnerabili (e meno responsabili del riscaldamento globale) è attivo, ma la partecipazione degli Stati è su base volontaria. L’efficacia è messa ancora in dubbio.
  4. Spinta sulle rinnovabili: 22 Paesi, tra cui USA, Francia, Regno Unito e Giappone, hanno firmato una dichiarazione con cui si impegnano a triplicare l’energia nucleare entro il 2050 per raggiungere l’obiettivo di zero emissioni nette. Inoltre, 116 paesi, tra cui Cina e Stati Uniti, si sono impegnati a triplicare la capacità di energia rinnovabile entro il 2030.
  5. Un presidente che va contro la scienza climatica: il Sultano Al Jaber, presidente della COP e CEO di Adnoc (compagnia petrolifera nazionale), ha inizialmente dichiarato (e dopo parzialmente ritrattato) che “eliminare i combustibili fossili per evitare l’emergenza climatica non ha nessuna base scientifica.”
  6. Italia bocciata: secondo il rapporto annuale di Germanwatch realizzato per l’Italia in collaborazione con Legambiente e presentato alla COP28, l’Italia scende dal 29esimo al 44esimo posto. Un risultato dovuto soprattutto al rallentamento della riduzione delle emissioni di gas serra.


Se da un lato la partecipazione record (24.000 negoziatori, 14.000 osservatori e da 30 a 60.000 partecipanti) del settore pubblico-privato a livello mondiale ha offerto un segnale di speranza, dall’altro la presenza di compagnie del petrolio ha ricordato la duplice natura della COP: simbolo del progresso climatico, ma anche dell’ennesimo ritardo.

Possiamo però dire che è l’inizio della fine delle fonti fossili.

Il testo Global Stocktake approvato non ha formulazioni eccessivamente forti, ma il riferimento alla criticità di agire in questo decennio e l’approvazione dell’accordo da parte di tutte le parti al tavolo negoziale lo rendono un piccolo grande evento storico che avrà  ripercussioni tangibili. La palla ora passa alle singole nazioni (nel nostro caso all’Unione Europea) che ora dovranno calare su norme e politiche economiche gli impegni presi di fronte al mondo.


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