Cos’è la conferenza delle parti sul clima (COP)?
“La Conferenza delle Parti (COP) è un incontro annuale organizzato dalle Nazioni Unite che raduna quasi tutti i paesi del mondo per discutere strategie e azioni contro il cambiamento climatico.”
Ogni anno partecipano rappresentanti di governi, organizzazioni internazionali, scienziati, attivisti e rappresentanti del settore privato (tra cui i produttori di combustibili fossili). Gli incontri vogliono raggiungere accordi e obiettivi vincolanti o volontari per ridurre le emissioni di gas serra.
I principali risultati raggiunti durante le conferenze sul clima sono stati:
1. Obiettivi comuni chiari e ben definiti
Primo tra tutti, l’obiettivo di fermare l’aumento della temperatura globale a +1,5°, preso a Parigi nel 2015. Sebbene adesso il raggiungimento di questo obiettivo sia sempre più complesso, la sua definizione responsabilizzò ogni paese firmatario e grazie al numero di paesi aderenti dimostrò, per la prima volta a livello internazionale, che il cambiamento climatico è una priorità condivisa.
2. Creazione di fondi e sistemi di supporto finanziario
Ad esemio, la COP19 nel 2013 ha creato un sistema di supporto per i paesi colpiti da eventi climatici estremi e la COP16 nel 2010 ha istituito il “Green Climate Fund” per sostenere i paesi in via di sviluppo.
3. Nuovi strumenti per la regolamentazione delle emissioni globali
Come l’accordo vincolante preso a Kyoto nel 1997 che ha introdotto il commercio di emissioni e il meccanismo di sviluppo pulito (CDM), precursore del carbon offset.
Le conferenze sul clima sono spesso criticate per la lentezza nell’attuazione delle decisioni e per i conflitti di interesse di alcuni partecipanti, fattori che ne riducono l’efficacia nel contrastare il cambiamento climatico entro le tempistiche necessarie.
1. Mancanza di un controllo efficace sugli impegni presi
Senza obblighi vincolanti e meccanismi di penalità, i paesi possono non rispettare gli accordi presi.
2. Influenza delle grandi economie e delle lobby dei combustibili fossili
Alla COP28 del 2023 i rappresentati per il settore fossile sono stati 2.456, un numero superiore a quasi tutte le delegazioni nazionali presenti. Questa maggioranza crea conflitti di interesse, perché la l’abbandono dei combustibili fossili è un punto cruciale per la transizione energetica e il processo di decarbonizzazione.
3. Tempistiche disallineate rispetto all’urgenza
Con il riscaldamento globale e i disastri climatici sempre più frequenti, molti considerano il ritmo dei negoziati troppo lento. La COP si svolge una volta all’anno e i principali impegni vengono spesso rimandati da un anno all’altro, creando ritardi che riducono le possibilità di contenere il riscaldamento globale entro limiti sicuri.
Cosa dice il Protocollo di Kyoto?
La COP3, tenutasi nel 1997 in Giappone, è oggi più conosciuta come “Protocollo di Kyoto”, perché è stato il primo trattato internazionale vincolante ad usare termini chiari e quantificati per ridurre le emissioni di gas serra.
L’obiettivo comune prefissato era ridurre le emissioni globali del 5,2% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2008-2012. Ogni paese aveva poi un obiettivo specifico di riduzione, stabilito a seconda del proprio sviluppo economico.
Chi ha firmato il Protocollo di Kyoto?
Il protocollo era vincolante solo per i paesi industrializzati, in quanto ritenuti responsabili della maggior parte delle emissioni storiche, ma non prevedeva lo stesso rigore per altri paesi allora considerati in via di sviluppo, come Cina e India.
Hanno firmato accordi vincolanti la maggior parte dei paesi europei (compresa l’Unione Europea), oltre a Giappone, Canada, Russia e Australia. Inizialmente avevano preso parte anche gli Stati Uniti, ma nel 2001, durante la presidenza di George W.Bush, si sono ritirati dall’accordo sostenendo che gli obblighi avrebbero danneggiato l’economia americana e che era iniquo escludere paesi in via di sviluppo con elevate emissioni, come la Cina e l’India.
Nel 2012, durante la COP18 a Doha, in Qatar, è stato negoziato un secondo periodo di impegno, noto come emendamento di Doha, che estendeva il Protocollo fino al 2020. Tuttavia, non tutti i paesi hanno ratificato questo emendamento, e molte delle economie principali hanno preferito negoziare il nuovo Accordo di Parigi, che ha poi sostituito di fatto il Protocollo di Kyoto.
Cosa dice l’Accordo di Parigi?
L’Accordo di Parigi, adottato durante la COP21 nel 2015, è un trattato internazionale firmato da quasi tutti i paesi del mondo con l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a ben al di sotto dei 2°C, con l’impegno di puntare a 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali.
L’accordo ha segnato un momento storico di cooperazione internazionale, dimostrando che il cambiamento climatico è una priorità condivisa. Inoltre, ha introdotto regole per il monitoraggio delle emissioni, il reporting e la verifica, rendendo i progressi trasparenti.
Imparando dall’esperienza del Protocollo di Kyoto, il nuovo accordo non prevede distinzione di vincoli tra i paesi: ogni paese partecipante ha stabilito obiettivi volontari di riduzione delle emissioni, chiamati Contributi Determinati a Livello Nazionale (NDC), con la promessa di aggiornarli ogni cinque anni per renderli più ambiziosi.
Sebbene sia più equo tra i paesi partecipanti, l’Accordo di Parigi presenta limiti significativi: gli stati si concedono tempistiche troppo lunghe per raggiungere gli obiettivi stabiliti (come ad esempio l’anno 2060), ben distanti dalla rapidità con cui il riscaldamento globale continua ad aumentare.
Chi ha firmato l’Accordo di Parigi?
Hanno preso parte all’accordo 195 paesi nel mondo, tra cui l’Unione Europea.
La Cina, uno dei maggiori emettitori di gas serra, ha presentato piani per raggiungere la neutralità carbonica entro il 2060.
Gli Stati Uniti si sono ritirati dall’accordo durante la presidenza di Donald Trump del 2017, ma hanno ristabilito l’adesione durante la presidenza di Joe Biden nel 2021.
Cos’è successo durante le COP più recenti (dal 2021 al 2024)?
Le COP dal 2021 al 2023 hanno visto alcuni progressi, come la riaffermazione dell’obiettivo di limitare il riscaldamento a 1,5°C e la creazione di un fondo per perdite e danni per sostenere i paesi più vulnerabili. Tuttavia, negli ultimi anni, un numero sempre maggiore di persone, ormai consapevole degli effetti del cambiamento climatico, ha espresso crescente frustrazione per i risultati spesso insoddisfacenti delle conferenze. In particolare, la COP26 del 2021 e la COP27 del 2022 hanno suscitato proteste poiché si sono concluse senza impegni concreti per ridurre le emissioni. La COP28, tenutasi nel 2023 a Dubai, ha accentuato questo malcontento: svoltasi in un paese che basa gran parte della propria economia sull’estrazione di combustibili fossili, ha visto la partecipazione record di rappresentanti di interessi legati ai combustibili fossili, suscitando ulteriori critiche.
La prossima COP29 si terrà a Baku, in Azerbaigian, dal 11 al 22 novembre 2024, dove si attendono impegni più ambiziosi e azioni concrete.
Fonti citate:
- Ansa (2023) “Presenza record di lobbisti delle fonti fossili a Cop 28”